Gruppo compatto, borracce piene, sorriso sempre a portata di labbra e via in sella a pedalare.
Lasciamo l’albergo alle spalle con il suo profumo di colazione ancora calda e con il panorama immobile sul mare. Da quando siamo arrivati è la prima volta che ci allontaniamo dalla costa per intrufolarci in punta di ruote nell’interno del paese. Destinazione: i calanchi di Atri.
Avevamo dato un’occhiata veloce alle foto dell’Oasi WWF dei Calanchi senza però soffermarci troppo, così da non togliere ai nostri occhi il piacere di osservarli dalla terrazza naturale della città.
La salita per raggiungere il cuore della Civitas Vetusta è piuttosto impegnativa ma nulla di proibitivo, i panorami e gli scorci che si susseguono alleviano la fatica e fanno ben sperare, il mare dall’alto sembra ancora più azzurro.
I vicoli, piazza Duomo, una sosta nel centro storico per socializzare con i passanti che ci sorridono e ci danno le ultime indicazioni prima di raggiungere la terrazza, ancora qualche pedalata e poi eccoli lì, uno vicino all’altro nella loro forma bizzarra. Nessuna foto rende l’idea dello stupore che si prova ad averceli davanti, a riempire gli occhi.
Qualcuno del gruppo si era documentato prima dell’uscita e provava a spiegare al resto dell’allegra brigata il “perché” e il “per come” la natura può manifestarsi anche in questo modo stravagante. Onestamente adesso non saprei ripetervi di geomorfologia, dilavamenti ed erosioni varie, l’unica cosa che posso dire è che i calanchi somigliano molto a qualcosa di eterno poggiato in terra. Da contemplare in silenzio.
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