Flora e fauna della Riserva Naturale Regionale Oasi WWF “Calanchi di Atri” (3)

Tra i variopinti coraciiformi la riserva ospita il Martin pescatore (Alcedo atthis) e nei mesi caldi anche l’Upupa (Upupa epops) e il Gruccione (Me- rops apiaster) che, dal 2005, torna puntualmente a nidificare, con oltre 50 coppie, all’interno delle gallerie scavate nelle pareti sabbiose presenti nell’area. Tra i piciformi, sono presenti il Picchio verde (Picus viridis), il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) e il Torcicollo (Jynx torquilla) che si rinvengono maggiormente negli ambienti alberati del fondovalle. Le zone rupestri, che coincidono con le porzioni più alte della riserva, rappresentano un ambiente strategico per i rapaci diurni e notturni, rappresentando importanti aree di nidificazione nonché zone predilette di caccia, poiché ricche di posatoi indispensabili alle strategie predatorie di queste specie. Tra i rapaci diurni è possibile ammirare librarsi, planare e volteggiare nell’aria specie nidificanti come il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Gheppio (Falco tinnunculus) e la Poiana (Buteo buteo), o specie migratrici quali Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), Nibbio bruno (Milvus migrans), Al- banella minore (Circus pygargus) e Albanella reale (Circus cyaneus), mentre tra i notturni che in riserva oltre che sulle rupi trovano rifugio nei numerosi e vecchi casolari di- spersi su tutta l’area in uno stato di totale abbandono possiamo osservare l’Assiolo (Otus scops), la Civetta (Athene noctua), l’Allocco (Strix aluco), il Barbagianni (Tyto alba) e il Gufo comune (Asio otus). I nostri ricercatori, grazie a studi sulle borre espulse da questi straordinari animali, sono riusciti a formulare e continuano ad aggiornare la checklist della comunità dei micromammiferi presenti in oasi. Dalle analisi dei dati raccolti sulla microteriofauna sono state riscontrate infatti 14 specie appartenenti all’ordine dei soricomorfi e dei roditori. Tra queste ricordiamo la Crocidura ventrebianco (Crocidura leucodon), la Crocidura odorosa (Crocidura suaveolens), il Toporagno appenninico (Sorex samnitucus), il Mustiolo (Suncus etruscus), il simpaticissimo Scoiattolo (Sciurus vulgaris meridionalis), che si incontra facilmente lungo il fondovalle e i simpatici e arboricoli gliridi, tra i quali citiamo il Topo quercino (Eliomys quercinus), il Moscardino (Muscardinus avellanarius) e il Ghiro (Glis glis). L’Oasi ospita, e ne fa anche simbolo, il più grande roditore della nostra penisola: l’Istrice. La presenza della specie nell’area è sempre stata al centro di contro- versi dibattiti e le informazioni in possesso sulla sua presenza nel territorio negli anni passati sono estremamente scarse e pertanto risulta impossibile stabilire se il roditore abbia da sempre frequentato l’area o se la sua presenza sia saltuaria e irregolare nel tempo. Tuttavia nel corso degli ultimi anni le tracce e i segni relativi all’attività dell’animale, così come gli avvistamenti, sono sempre più frequenti, a dimostrazione che esso, attraverso i limitati e frammentati corridoi ecologici presenti e rappresentati dalle valli fluviali a vegetazione ripariale, è probabilmente in espansione e sta lentamente ricolonizzando questo ambiente. Tra i carnivori diffusi e facilmente osservabili citiamo la Volpe, la Donnola e la Faina mentre per altre, Puzzola, Tasso e Lepre, la cui osservazione risul- ta più difficoltosa, l’accertamento della loro presenza è stato riscontrato grazie ad ausilii teconologici (videotrappole). Da qualche anno in Riserva è arrivato anche il Capriolo (Capreolus capreolus). La conferma della sua presenza, ini- zialmente solo ipotizzata dai segni di presenza è giunta nel 2009, quando furono avvistati per la prima volta una femmina con un piccolo. Da allora gli incontri col cervide sono sem-pre più frequenti. Una dei cardini portanti della ricerca faunistica in Oasi è determinata dagli studi che annualmente vengono effettuati dallo staff del prof. Danilo Russo dell’Università degli Studi Federico II di Napoli. La ricerca basata sul rilevamento dei segnali ultrasonori emessi dai Chirotteri in volo, mediante l’utilizzo di una adeguata strumentazione, ha permesso la conferma della presenza, peraltro già segnalata in uno studio del 2005 (Colli e De Ascentiis), di una specie inattesa di pipistrello, il Barbastello (Barbastella barbastellus), specie tipica delle formazioni forestali mature e che all’interno della nostra Oasi si riproduce tra le piccole fessure presenti sulle lame calanchive.